Rappresentanza e difesa della parte civile Associazione Differenza Donna nel processo penale definito con la sentenza di condanna per lesioni gravissime contro Valentino Talluto che ha volontariamente contagiato oltre trenta donne con l’HIV.
La condotta è stata ritenuta configurare il delitto di lesioni gravissime aggravate dall’insanabilità della malattia «procurata dal contagio, alla luce pure di quanto precisato al riguardo dai due consulenti del PM (nel senso che il virus rimane comunque all’interno dell’organismo, sia pure arginato dalle terapie laddove siano efficaci) e stante la sicura prevedibilità in capo all’imputato […] della gravità e insanabilità della malattia provocata dal contagio; sia quella dei futili motivi attesa la sproporzione tra la volontà di intrattenere rapporti sessuali forieri di contagio realizzando un maggiore appagamento senza preservativo, da anni e in tutti i contesti suggerito nei rapporti a rischio».
Corte di assise di Roma, 27 ottobre 2017, n. 15, est. Terranova.
Rappresentanza e difesa di una donna somala rifugiata in Italia nella richiesta di visto di ingresso per le figlie a rischio di mutilazioni genitali femminili nel paese di origine
Il Tribunale di Roma, sezione XVIII, riconosce fondata la richiesta in urgenza introdotta per conto della rifugiata e ordina il rilascio di visto per ricongiungimento familiare a favore delle tre figlie minorenni della ricorrente e dell’anziana madre, anche quest’ultima meritevole di protezione per il rischio di ritorsioni per aver protetto le nipoti dalle mutilazioni genitali femminili.
Decreto n. cronol. 8443/2018 del 13/06/2018
Rappresentanza e difesa nel procedimento contro la Presidenza del Consiglio dei ministri per inadempimento della direttiva europea 2004/80/CE
Le avvocate Teresa Manente e Marta Cigna hanno ottenuto la condanna dello Stato italiano al risarcimento del danno pari a 90 mila euro in favore di una donna residente in Italia che aveva subito reato di violenza sessuale di gruppo in Italia, per non aver correttamente applicato la direttiva europea 2004/80/CE, così pregiudicando i diritti della vittima a ricevere adeguato ristoro: «è stato accertato l’inadempimento del Governo Italiano che si è limitato a regolare (peraltro tardivamente) la procedura per l’assistenza alle vittime di reato commesso in altro Stato membro residenti in Italia, ma non ha dato attuazione al disposto dell’articolo 12 par. 2 che imponeva agli Stati di provvedere a che la normativa interna prevedesse un sistema delle vittime di reati intenzionali e violenti commessi nei rispettivi territori».
La decisione è stata confermata dalla Corte di appello di Roma e la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha conseguentemente pagato l’indennizzo alla vittima.
Tribunale Civile Roma, Sez. II, ord. 30 dicembre 2014
Rappresentanza e difesa nel caso I.M. c. Italia, dinanzi alla Corte europea per i diritti umani e delle libertà fondamentali
L’avvocata Rossella Benedetti, dopo aver assistito la ricorrente dinanzi alle giurisdizioni interni, ha presentato ricorso contro l’Italia per violazione degli articoli 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti), 8 (diritto al rispetto della vita privata) e 14 (divieto di discriminazione) nei confronti della signora Mercurio e dei figli minori, costretti a visite protette in contesti inadeguati a tutelarne l’incolumità ed esponendoli a grave vittimizzazione secondaria.
La Corte Europea dei Diritti Umani con sentenza pubblicata il 10 novembre 2022 ha accolto il ricorso della avvocata Rossella Benedetti presentato per una donna seguita dal centro antiviolenza Casa Rifugio Villa Pamphili di Roma Capitale condannando l’Italia per aver violato l’articolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e non protetto i figli minorenni costringendoli per tre anni ad incontrare il padre accusato di maltrattamenti e nonostante lo stesso continuasse ad esercitare violenza e minacce durante gli incontri protetti disposti dal Tribunale”. La Corte Edu “ha rilevato come i Tribunali Civili italiani con le loro sentenze abbiano turbato l’equilibrio psicologico ed emotivo dei bambini, costretti ad incontrare il padre in un ambiente in cui non è stata garantita loro protezione. In tal modo non hanno agito nell’ l’interesse superiore del minore. Un interesse disatteso, dice la Corte, in quanto non protetti dalla violenza che il padre continuava ad esercitare anche durante gli incontri”.
Il Comitato CEDAW, comitato delle Nazioni Unite che monitora l’applicazione della Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, ha accolto il nostro ricorso F. c. Italia, iscritto al n. 148/2019, e ha riconosciuto che l’Italia ha violato gli articoli 2 (b)-(d) e (f), 3, 5 e 15 della CEDAW nei confronti di una donna che, già vittima di violenza domestica, ha subito uno stupro da un agente delle forze dell’ordine incaricato delle attività di indagini in corso sul maltrattamento subito dall’ex marito.
L’agente delle forze dell’ordine era stato condannato in primo grado a sei anni di reclusione, poi assolto in secondo grado. La Corte di cassazione ha poi confermato l’assoluzione.
Lo Stato italiano nel procedimento ha difeso le politiche nazionali adottate negli ultimi anni in materia di prevenzione della violenza di genere nonché l’operato dell’autorità giudiziaria, ma il Comitato CEDAW ha ritenuto che il trattamento riservato alla donna prima dalla corte d’appello e poi dalla Corte di Cassazione non ha garantito “l’uguaglianza sostanziale della donna vittima di violenza di genere”.
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